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LO STRAPPO SULLA TELA

di Armando Staffa

Il pennello correva sicuro. I colori scelti sbucavano dal quadro, che stava prendendo forma, quasi per incanto.
Il pittore, con fare affannoso, come se avesse fretta di terminare, armeggiava su tubetti ed impasti.
Era un uomo di mezza età, non molto alto, un po’ appesantito dalla vita sedentaria, ma con occhi profondi e scuri e la fronte ampia che ne facevano intuire l’intelligenza e la sensibilità interiore.
La scena rappresentata era surreale: una lattina schiacciata, in primo piano, versava il residuo del suo contenuto sul selciato mentre, sullo sfondo, stava pian piano comparendo, su di un muro bianco, una finestra ad arco.
Alle spalle dell’artista, un gruppo di persone, estimatori e curiosi, assisteva alla creazione dell’opera d’arte.
Il loro atteggiamento non era però in sintonia con i sentimenti dell’artista. Sembravano distaccati, ansiosi solo di vedere l’opera completa, più per darne una valutazione economica che artistica. Quasi avvoltoi, in attesa della morte dell’animale di cui si sarebbero cibati.
La poca luce della stanza, fumosa e piena di tele ricoperte con lenzuola, conferiva all’ambiente un aspetto tetro e pesante che, in quel momento, gravava tutto su quel quadro ed il suo creatore.
Sembrava che la luce fosse solo lì, presso l’artista e che tutto il resto del salone fosse immerso in una nebbia scura.
Il pittore era rapido e deciso, aveva già in mente cosa sarebbe venuto fuori…. già vedeva compiuta la sua opera.
L’immagine era limpida, luminosa, tanto luminosa da diventare essa stessa fonte di luce in quella stanza scura…… sì, la luce veniva proprio da lì, da quella finestra che si affacciava ora su di un cielo azzurro, tipicamente primaverile….. la sensazione che si sarebbe potuta provare, osservando il quadro, era di freschezza e pulizia…. come se quella apertura all’esterno, su quel cielo azzurro e pulito, si contrapponesse alla lattina, segno immondo del presente, che giaceva a terra, morta, come smorto era il colore grigiastro dell’ambiente interno.
L’aria fresca e pulita contro quella fetida dell’ambiente, la luce contro il buio, la pulizia contro l’immondizia, la vita contro la morte.
In questa battaglia tra gli opposti, l’artista si muoveva sicuro. Il suo messaggio sarebbe giunto a tutti quelli che, come lui, sarebbero entrati in sintonia con le vibrazioni che quell’immagine avrebbe prodotto……. i brividi che ognuno avrebbe provato, e ……….gli altri? ……. gli altri avrebbero solo interpretato, giudicato, travisato, forse osannato o deriso o semplicemente ignorato ma, sicuramente, non “sentito”!
Ma cosa importava, pensava il pittore. Non era un artista di professione, non doveva piacere agli altri, lo faceva solo per se stesso e si sentiva soddisfatto. Aveva un percorso da seguire, che si era prefisso fin da quando aveva iniziato a dipingere.
Il materialismo del mondo contemporaneo era, per lui, insopportabile. Non c’era attività umana che non dovesse avere un ritorno economico…. non c’era slancio, né altruismo, ma solo gretto interesse.
Tutto ciò non lo poteva essere accettare. Era troppo diverso dall’animo gentile, buono e distaccato dalle cose terrene che può avere solo chi ha superato la meschinità e la pochezza della vita di tutti i giorni per rivolgersi ai veri valori…. quelli universali. Tutto ciò che lo circondava lo stimolava a rivolgersi al trascendente, verso il cielo, verso il cosmo, che era lì, a portata di mano, nei suoi quadri.
La tela era ormai completa, gli spettatori si complimentarono. Un breve applauso seguì l’apposizione della firma.
Qualcuno accennò ad un commento…. un commento lusinghiero ma per niente consono al messaggio che l’artista voleva comunicare….. quella finestra aperta sul cielo rappresentava la fuga dalla realtà, secondo quell’uomo in grigio, laggiù in fondo alla stanza, anzi, aggiunse, il desiderio di sfuggire al presente, dimostrando che l’artista non si sentiva in grado di adattarsi al mondo contemporaneo, dove le avversità e le difficoltà vanno affrontate e superate con forza e volontà.
Secondo lui il pittore era un povero disadattato, incapace di qualsiasi relazione sociale, pur essendo un ottimo maneggiatore di pennelli e colori.
Vane furono le spiegazioni dell’artista che tentò di dimostrare che, nel ciclo delle sue opere, questa, che completava la prima fase, rappresentava ben più che una semplice fuga dal quotidiano e che c’era bisogno di guardare aldilà dei colori, aldilà della tela per capirne il significato.
Ma l’uomo laggiù ironicamente disse : “Aldilà della tela c’è soltanto il muro”. Poi rise in maniera grassa e volgare.
L’artista ebbe un guizzo negli occhi, prese un coltello dal tavolo e, furioso, sfregiò il dipinto ancora fresco……. l’Universo con pianeti e stelle apparve attraverso il quadro. Un vento impetuoso risucchiò tutto e tutti in quel varco sull’Infinito.
Ora la tela è di nuovo intatta….. lo squarcio si è richiuso. Nella stanza, inondata di luce da quella finestra sul quadro, non c’è più nessuno!

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