Come cambia la guida con le driverless cars

Continuano senza sosta i test di Google sulle sue ‘driverless cars’ negli Stati Uniti: le auto a guida autonoma, dopo una prima fase di sperimentazione limitata al circuito di prova di Mountain View, hanno iniziato a circolare durante l’estate appena conclusa sulle strade pubbliche della California, in seguito all’approvazione di un’apposita normativa che definisce requisiti minimi di sicurezza – tra cui la presenza a bordo di pedali dei freni e volante azionabili manualmente in caso di emergenza -, con l’intenzione di regolamentare il settore e consentire ad altri costruttori interessati di contribuire allo sviluppo di tale tecnologia.

La sperimentazione si è presto allargata al Texas, con l’obiettivo – come spiega il colosso di Mountain View – di mettere alla prova i mezzi in condizioni di traffico differenziate, monitorando l’interazione e la reazione di differenti comunità di automobilisti.

Sebbene l’intenzione sia di rendere disponibile questa nuova tecnologia sul mercato entro 5 anni, allo stato attuale si è ancora in presenza di mezzi dalle funzionalità limitate: le auto di Big G al momento raggiungono una velocità massima di appena 40 km/h, essendo elettriche inoltre necessitano di una ricarica ogni 130 chilometri, e il software installato gli permette di circolare esclusivamente nelle aree mappate da Google. Sappiamo però che il tempo è appena un dettaglio, e che le tappe saranno presto bruciate, considerato che numerosi altri produttori, tra cui Mercedes, Tesla, Toyota e anche Fiat Chrysler, stanno investendo significative risorse nella ricerca e sviluppo di tali tecnologie.

Il grande interrogativo attorno al quale si gioca il futuro di questo tipo di mezzi, destinati in un tempo più o meno prossimo a mandare in pensione le nostre vecchie quattroruote, è senza dubbio quello della sicurezza. Da un lato l’aspettativa è che i veicoli ‘driverless’ abbiano un impatto decisivo nel ridurre la mortalità sulle strade, giacché eliminano l’influenza del fattore umano responsabile, nel 90% dei casi, per il milione e 200mila incidenti registrati ogni anno sulle strade di tutto il mondo; come proteggersi però dalla minaccia di attacchi condotti da hacker ai sistemi di controllo remoto di tali veicoli, o senza viaggiare troppo con la fantasia, dagli inevitabili bug negli algoritmi che governano il funzionamento complessivo del mezzo, che potrebbero esporlo al rischio di manovre improvvise e imprevedibili?

Davanti al numero – seppur statisticamente irrilevante – di incidenti durante i test avvenuti fino ad oggi senza guidatore, c’è chi già si interroga sui nuovi scenari che si prospettano tanto per i produttori quanto per il settore assicurativo, in merito alla gestione del sistema di responsabilità, fino ad oggi esclusivamente a carico del conducente. In caso di sinistro causato dal nostro auto-pilota, insomma, sarà legittimo in un prossimo futuro mandare il nostro CID al produttore del software che ‘guida’ la nostra auto?

Giovanni Damiano

Giovanni Damiano